Luca parte alle sei per Juba ed io sono già sveglia con un po’ di mal di gola (l’aria condizionata)
Con Marcello prepariamo colazione con calma e poi lo seguo nel giro in Medicina. Un paio di trasfusioni, Blood Group e malaria. Arriva l’ora di pranzo o almeno di un caffè e acqua fresca prima di metterci di buona volontà a pulire, disinfettare e scopare tutta casa da questa polvere rossa che in una settimana riempie ogni paio di tavolo, sedie, tende, bagno, pavimento, doccia…
Per il pomeriggio programmiamo un giro per Wau ma l’ospedale ci richiama al nostro servizio. Solo quasi alle 17:30 facciamo due passi con l’idea di passare a salutare suor Maria ma giriamo un po’ a vuoto. Ogni tanto Luca ci ha chiamato per questioni pratiche (esempio i guanti da comprare per noi) per aggiornarci sulla strada e sui vari stop perché è lunga e dura, e per suggerirci un posto dove trovare qualcosa da mangiare e cena sana.
Dopo cena con Marcello ricordiamo momenti di altre missioni insieme, ci aggiorniamo sulle famiglie, ricordiamo la morte di Giancarlo e qui mi confido come ad un vecchio caro amico. Lo siamo diventati, non tanto nei vent’anni di lavoro insieme all’ospedale di Cuneo ma nelle lunghe serate africane di Tonj e Juba e ora anche di Wau.
Inaspettatamente e con nostro grande piacere si unisce suor Marianna che ha visto le luci accese ed ha telefonato per venire a fare due parole con noi. Ha appena perso due bimbi, uno perché è stato estratto dal cesareo di un bimbo morto e l’altro per un cesareo fatto troppo tardi. Forse ha un po’ bisogno di sfogarsi. Forse e finalmente, aggiungo io, si lascia a commenti e racconti sulla convinzione del clero qui come in Uganda dove ho studiato ed è stata a lungo prima di approdare in Sud Sudan nel 2012.
Sull’emancipazione delle ragazze per scappare dalla vendita in cambio di mucche vorrebbe lavorare molto suor Marianna. Ma le stesse ragazze o sorelle che lavorano in ospedale come infermiere e qui per gli standard locali sono acculturate, le dicono che è normale e che facendo così avranno la famiglia.. come si fa ad aiutarle? Burn out!
Grazie Marianna per questi spunti di ragionamento che ci hai regalato stasera con la tua semplicità e per l’amore che hai per la tua famiglia e casa in Veneto dove poi puoi tornare tre mesi ogni tre anni. Chissà che sensazione ti dà ogni volta poi tornare qui. So che è qui che ti senti a casa. E anche io.
