La malaria è la malattia infettiva che ogni anno registra il maggior numero di casi e di morti nel mondo.
Mette a rischio il 50% della popolazione mondiale e, dopo alcuni anni di calo, dal 2015 si assiste ad uno stallo nella riduzione dei casi. Nel solo 2023 l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS/WHO) ha registrato 263 milioni di casi, tra cui circa 550.000 morti, i dati peggiori dal 2004. Circa 80% dei casi di morte totali sono registrati tra i bambini al di sotto dei 5 anni.
E’ causata da un parassita – il Plasmodium – che viene inoculato attraverso la puntura di una zanzara di una specie particolare, l’Anopheles.

Colpisce soprattutto nell’Africa sub-sahariana, nel Sud-Est Asiatico e in alcune aree del Centro-Sud America, ma un tempo era diffusa anche in molte zone dell’emisfero nord, comprese alcune regioni europee, tra cui l’Italia. I cambiamenti climatici costituiscono un forte rischio di ritorno della zanzara – e quindi della malattia – in regioni da cui la malaria è scomparsa da tempo (nel 2023 negli USA sono stati registrati 11 casi autoctoni, cioè non portati da viaggiatori).
La mortalità per malaria è molto alta se la malattia non viene diagnosticata e trattata tempestivamente, soprattutto tra le categorie più fragili della popolazione: bambini sotto i 5 anni, donne in gravidanza, persone con malattie croniche che coinvolgono il sistema immunitario.
Quando la malattia compare, alla febbre anche molto alta possono associarsi moltissimi altri sintomi, sia respiratori che gastrointestinali. Se il parassita colpisce il sistema nervoso, causa la malaria cerebrale, un quadro gravissimo e talvolta letale.
I bambini piccoli in particolare, quando contraggono la malaria presentano frequentemente un quadro di sintomi molto grave, che richiede spesso il ricovero in ospedale, il ricorso all’ossigeno e talvolta all’assistenza alla respirazione con macchine e ventilatori, dove questi siano disponibili.
Non sempre purtroppo si assiste ad una guarigione completa, perché sono possibili conseguenze permanenti derivate dall’infezione, particolarmente nei casi di infezione cerebrale.
Da decenni si studiano vaccini contro la malaria, ma solo negli ultimi anni sono stati sviluppati vaccini che hanno dato dei buoni risultati.


I vaccini attualmente approvati dal WHO sono due e sono entrambi destinati esclusivamente ai bambini. Lo scopo per cui sono stati messi a punto non è quello di evitare l’infezione, ma di fornireuna protezione parziale dalla malaria clinica, cioè dalle conseguenze più gravi della malattia.
Il vaccino approvato più recentemente – R21/Matrix-M autorizzato a dicembre 2023 – è destinato ai bambini tra i 5 e i 36 mesi di età che vivono in aree a moderato/alto livello di trasmissione.
E’ stato studiato in 4 Paesi africani endemici per malaria: Burkina Faso, Kenya, Mali e Tanzania.
Il ciclo vaccinale prevede 3 dosi a distanza di 4 settimane, seguite da un richiamo a 12 mesi, e ha un’efficacia nel primo anno dal completamento del ciclo del 70% circa (media tra le percentuali più alte registrate nelle aree endemiche e quelle più basse delle aree stagionali), con una progressivariduzione della copertura oltre questo periodo.
E’ un vaccino ben tollerato e non sono stati registrati effetti collaterali gravi tra i bambini vaccinati.
Al momento WHO raccomanda la vaccinazione anti-malarica con uno dei due vaccini disponibili a tutti i Paesi dell’Africa sub-sahariana, dove la diffusione di malaria è massima (94% del totale dei casi mondiali).
L’obiettivo è quello di ottenere una diminuzione dei casi gravi di malaria in età infantile, riducendonon solo le conseguenze permanenti e la mortalità infantile causate dalla malattia, ma anche la spesa sanitaria dei Paesi coinvolti.

Il Sud Sudan, come stato più povero al mondo (191° posto nell’indice di sviluppo umano su 191), con la sua storia di più giovane nazione africana, nata nel 2011 dalla divisione con il Sudan dopo una decennale guerra di indipendenza, una situazione interna estremamente instabile per le tensioni interne tra le varie etnie, è la vittima perfetta di questa malattia.
Guerre, tensioni, migrazioni interne di intere popolazioni con numerosi profughi dentro e fuori dai confini, causano un’impossibilità a praticare in sicurezza tanto l’agricoltura quanto l’allevamento, portando ad un aumentato rischio di malnutrizione in tutte le fasce di popolazione, che dipendono sempre più dagli aiuti esterni. Una popolazione malnutrita è ovviamente più esposta alle malattieperché ha un sistema immunitario più fragile che produrrà una risposta non ottimale alle malattie, malaria prima di tutte.
Oltre al contesto geopolitico, il Sud Sudan si colloca nella fascia più a rischio per la trasmissione di malaria, con alcune aree in cui la malattia è presente durante tutto il corso dell’anno, ed altre in cui l’andamento dei contagi dipende dalla stagionalità delle piogge.
In un simile contesto, la categoria più fragile fra tutte è quella dei bambini, che pagano spesso le conseguenze più gravi di questa tempesta perfetta, in cui il killer perfetto – la malaria – colpisce la vittima perfetta – i bambini del Sud Sudan.
Il programma vaccinale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha l’obiettivo di garantire l’accesso ai vaccini per tutti i bambini, è una componente fondamentale degli aiuti e delle risorse che andrebbero messe in campo e potenziate per contribuire a migliorare la situazione sanitaria del Paese.