Martedì 21 Ottobre

La lentezza del collegamento mi suggerisce subito che non riuscirò a preparare una presentazione ppt, per cui, mentre penso a come rendere interattivo ma efficace l’incontro di giovedì, mi addormento… La notte passa tranquilla, tossisco meno per cui mi riposo un po’ di più.

Questa mattina sono stata a visitare il laboratorio dell’outpatient, che fa meno test e decisamente molti meno campioni. Ci lavorano in 4 (ma stabilmente e le altre sono on training) per cui la mole di lavoro per ognuno è davvero più bassa di quella del laboratorio dell’inpatient. Infatti verso le 13 mi stacco per un thè e per andare a fare un paio di vetrini con differential count che mi ha mandato Luca.

E resto a lavorare fino alle 18:30 quasi. Qualche trasfusione e donazione pomeridiana e qualche esame. Sono alla medical ward per portare un sacca quando un bimbo di anni, a seguito di una serie di convulsioni, getta tutti (e Luca soprattutto) in allarme perchè ha un polso a oltre 140 battiti e presente una rigidità degli arti che suggerisca una malaria cerebrale, ma potrebbe essere anche tetano. Poi pian piano la situazione si risolve. Marcello sta scrivendo la relazione per il bambino down per mandare tutta la documentazione medica all’Associazione in Italia e vedere (se sopravvive) come poterlo portare in Italia per l’intervento di cardiochirurgia.

Doccia, cena, cesareo, si torna in sala operatoria. A proposito: ricevo un messaggio di mia nipote Alice che si dichiara impegnata stasera a scegliere il nome per la “new baby”. Ormai manca un mese: il parallelismo tra una sala parto italiana e quella del noto ospedale a Wau, mi mette un po’ di soggezione. I confronti qui in Sud Sudan non si possono fare: perchè alla fine in cuor mio, non mi sento di scegliere la nostra società in quanto migliore, giusta. Più comoda, più semplice, facile. Ma non migliore. Al bimbo che nascerà qui stanotte  alla mia “new baby” auguro solo di trovare amore e attenzione. In fondo il resto non serve…

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